Il libro si può ordinare in una libreria Feltrinelli o sul sito www.lafeltrinelli.it/



lunedì 25 aprile 2011

Tu ti chiami...? Cosa ti piace? Aspetta che me lo scrivo.




Every one of your students has a main interest, or passion, if you will. These passions are extremely diverse and include everything (and anything) from nature, to sports, to reading, to music, to vehicles, to history, to medicine, to space exploration, to a wide variety of other, often unexpected areas. In some cases a student's passion may be still hidden from his or her own self-knowledge. And many students have more than one.
Knowing what those individual passion are, not just on the surface but in some depth and detail, is extremely important for partnering teachers. The reason is that students' passion are the routes and filters through which partnering teachers create individualized learning, learning that will stick in students' minds, be valuable in their lives, and make them want more.
Today there is a new buzzword making the rounds: passion-based learning.

Partnering tip
On the first day of class, when you introduce yourself to your class and ask each student his or her name, also ask, individually, what each student is interestes in and/or passionate about. Write this down, and take it seriously. It will enable you to design ways to reach each of these students through his or her passion and to cluster your students, at certain times, by their common interests.You can encourage those students who are not able to identify a passion to try out the different cluster as they seek their own interests.

"Teaching digital natives", Marc Prensky

mercoledì 13 aprile 2011

PARTNERING EDUCATION part II



Abbiamo parlato diverse volte della partnering education proposta da Marc Prensky, l’inventore del termine “nativi digitali”.
Oggi proponiamo i primi step verso questa nuova forma di insegnamento. Leggo e traduco liberamente dal libro “Teaching digital natives”:

“ I tuoi studenti sembrano spesso annoiati e stanchi?
Fanno fatica a prestare attenzione mentre parli?
Si distraggono?
Fanno meno di quanto vorresti?

Ebbene, sembra incredibile, ma questi sono segnali positivi e indicano che sono pronti per un più attivo e impegnativo apprendimento. E se anche fossero felici, attenti e ben motivati il “partnering” potrebbe arrecare loro grandi benefici nel lungo tempo per farne studenti migliori e più indipendenti.

E tu, insegnante, sei pronto per il partnering? Chiediti se:

Ho mai pensato ai miei studenti come partner con differenti abilità?
Conosco le passioni dei miei studenti e posso usarle per facilitare l’apprendimento di certe materie?
Vedo alternative al leggere, ripetere e spiegare? Sono pronta a “lasciare la cattedra” e stargli accanto?
Faccio in modo che capiscano che le cose che imparano non sono solo rilevanti ma reali?
So come tradurre i contenuti in domande-guida?
So usare la tecnologia come loro?”

Questa è l’introduzione. Negli altri capitoli l’autore spiega come iniziare ad insegnare con questa nuova tecnica pedagogica. Continuerò a parlarvene ;-)

martedì 12 aprile 2011

DAL NERD AL GEEK



Una volta c'erano i nerd, quelli con una certa predisposizione per la ricerca intellettuale, un quoziente intellettivo superiore alla media, tendenzialmente solitari, poco avvezzi alla vita sociale, occhialuti, non sportivi e mal vestiti (Wikipedia). Un modo spregiativo quindi per indicare chi, invece di socializzare, passava il tempo davanti al computer. Adesso ci sono i geek, le persone affascinate dalla tecnologia. Chi è geek ha stile, molti amici, molti agganci, sempre in rete, con lo smart phone in mano, aggiungerei (ma è una mia iniziativa) che è anche ben vestito. Steve Jobs ha conribuito a questa piccola rivoluzione nell'immaginario collettivo. Uno degli uomini più potenti del pianeta, più ammirato, ci stava un pò stretto nel gilet di seconda mano del nerd. Lui che, dicono, ha inventato il futuro. Uno che ai neolaureati di Stanford ha consigliato: "stay hungry, stay foolish" (siate affamati, siate folli)  e che ha raccontato di quanto mangiava con i 5 centesimi del reso in vetro delle bottiglie di coca-cola. Steve Jobs non poteva essere definito in maniera spregiativa.
E così sono arrivate anche le geek girl.  In tutto il mondo. Ragazze appassionate di nuovi media e che vogliono conoscersi e collegarsi, anche tramite cene reali organizzate in rete. Ragazze come noi.
Oggi voglio consigliarvi il loro sito perchè ci sono sempre articoli interessanti ma alcuni ci riguardano da vicino, come per esempio, il bando per un concorso euopeo di serious game, ovvero come creare videogiochi che siano anche strumenti di formazione. Il nostro pane quotidiano insomma. Oppure l'articolo sull' e-learning dove raccontano come ormai tutte le più prestigiose università del mondo stiamo mettendo on line contenuti open source, anche tramite la piattaforma di Utunes University. Infine, la cosa per noi forse più interessante nel breve periodo: il social learning, l'interazione tra studente e docente.

giovedì 7 aprile 2011

LA DIVINITA' IN TASCA






Leggo e traduco dal sito web di un famoso fotografo americanoEvan Baden di cui vi invito a vedere le foto. Tutte persone illuminate da questa nuova divinità pagana.

"Nelle culture occidentali, c'è una generazione che sta crescendo senza sapere cosa voglia dire essere disconnessi. Il mondo in cui staimo crescendo è sempre su "ON". Siamo continuamente collegati e linkati. Diamo per scontata la tecnologia. Non vogliamo essere ingrati ma non conosciamo una parola senza la tecnologia. Dalle nostre più recenti memorie, c'è sempre stato un modo per connettersi con gli altri: My space, Facebook, telefonini, instant messaging. E ora con Internet, le chat, le email nella nostra tasca, nel nostro telefonino, possiamo sempre sentirci come se facessimo parte di un tutto.
...Questi strumenti ci danno grande libertà e ci incatenano alle persone con cui siamo connessi. Gli altri sono diventati parte di quello che siamo e di come ci identifichiamo. Abbiamo accesso ad una conoscenza e ad una comunicazione inimmaginabile fino a una generazione fa. Sempre di più siamo rinchiusi in una silenziosa, soffice, splendente luce blu. E' come se in tasca avessimo una...divinità."

http://www.evanbaden.com/

lunedì 4 aprile 2011

UN ROMANZO COLLETTIVO su facebook



Nuove frontiere si aprono su facebook. Non solo comunicazione ed intrattenimento ma arte e cultura. Su Book Page gli admin del sito hanno lanciato una sfida: "scriviamo un libro insieme". Hanno risposto positivamente 70 autori e l'esperimento è diventato un romanzo: "le connessioni invisibili", composto da 18 capitoli. Ecco l'inizio:

Quasi si nasconde. Ma è ancora troppo presto per lasciarsi alle spalle un piccolo frammento di realtà.

L'ultimo raggio di sole tocca una finestra lontana. Troppo vicina per rimanere nell'ombra. Dietro la finestra si intravede una figura, opaca, indefinita, non abbastanza per capire che quell'ombra ha lineamenti umani. L'ultimo raggio di sole tocca la finestra e corre lontano, tagliando quella figura, immobile.




 Luce spenta. Al suo fianco la finestra è aperta, le tende colorate si fanno carezzare dal vento, il sole entra timidamente nella stanza quasi a non voler disturbare quell'ambiente che continuerà a splendere anche in sua assenza. Dentro la stanza non c'è nessuno. Soltanto un minuto e il sole si dilegua portando con se l'immagine di un giorno che soltanto lui potrà raccontare come realmente è stato. (Roberto Secci)



Il sole allo zenith nasconde l'ombra. Ma è un istante, un quanto inesprimibile di tempo troppo breve per essere compreso. E' l'inizio di una sfida alle leggi della gravità, come se le parole prendessero il volo.  (Eleonora Galbiati)

Devo dirvi la verità. L'ho trovato un pò pesantuccio e non sono riuscita ad andare troppo avanti. L'idea è bella ma secondo me se un'autore si gioca tutto in 4 righe vuole soprattutto fare bella figura usando belle immagini e belle parole.  Un libro, secondo me,  invece è una grande storia. E come dice Mckee, una storia è la prova vivente di un'idea, la conversione di un'idea in azione. Una storia è una specie di filosofia vivente che gli spettatori afferrano nel suo insieme, in un istante, senza un pensiero conscio: una percezione sposata alla loro esperienza esistenziale.
Il gruppo di persone che hanno scritto il libro su Facebook hanno in comune di certo in comune una cosa: vorrebbero diventare scrittori. Ma non hanno condiviso un progetto esperenziale o esistenziale. Non avevano discusso di cosa volessero dire e come (almeno credo, se mi sbaglio, ditemelo). Hanno messo insieme frammenti narrativi di senso compiuto collegandoli logicamente, temporalmente ed esteticamente tra di loro.
Continuo a credere che quella di Roberto Secci ed Eleonora Galbiati sia stata una bella idea. Però io proverei altro. Metterei insieme un gruppo di persone, ce ne sono così tanti su Facebook!, che condividono un'idea e magari un ideale. Lancerei un brain storming aperto a tutti per raccogliere l'inimmaginabile e dopo chiuderei la porta agli estranei e insieme al mio gruppettino fisserei delle linee guida, stabilirei le linee narrative, descriverei in profondità i singoli personaggi con le loro ansie e contraddizioni, i colpi di scena, la chiusura, persino la lunghezza dei capitoli! Secondo me i vincoli ci vogliono, sono utili, danno la direzione, stimolano la creatività. Anzi io, siccome lavoro in tv, scriverei in questo modo una fiction televisiva nuova, fresca, originale e giovane. E la domanda che più farei, ogni volta che si dovesse decidere come fare evolvere il personaggio, sarebbe: "tu cosa faresti al posto suo?". In questo modo sarebbe ridimensionata la componente narcisistica dell'autore che ogni volta invece dovrebbe guardarsi dentro, anche dove c'è il buio, e tirare fuori quello che secondo lui è bello condividere con gli altri.
Che ne pensate?