Spesso, secondo me, si equivoca. Competenza digitale non vuol dire saper usare bene le tecnologie. Vuol dire esplorare in maniera nuova e flessibile situazioni tecnologiche nuove, interagire con i nuovi media in maniera responsabile, accedere, selezionare, valutare criticamente le informazioni, comprendere il potenziale delle tecnologie di rete per la costruzione collaborativa della conoscenza (come dice anche Antonio Fini, dell'università di Firenze).
I nostri figli sanno già usare le nuove tecnologie, non hanno bisogno di noi per fare queste esperienze. Noi serviamo, e siamo indispensabili, per insegnare loro un uso etico, responsabile e critico del Web.Postare su youtube un video "scorretto" è l'equivalente di strappare le pagine di un libro. Tutti sanno che è un gesto sacrilego rovinare un libro o scarabocchiarlo.
Prendere per oro colato quello che si trova su Internet è come credere ai fumetti.
I genitori devono accompagnare i figli in questo percorso etico, che non è solo non parlare con la bocca piena, non sollevare i gomiti mentre sei a tavola, non alzarti se gli altri non hanno finito. Si tratta di qualcosa di più di insegnare una netetiquette. Pubblicare un contenuto osceno, le mutandine della compagna di classe, è l'equivalente di commettere un abuso sessuale. Questo è quello che dobbiamo insegnare con grande chiarezza. L'anonimato non può essere una scusa per comportamenti vergognosi. Ecco, mi piace questa parola abbandonata: insegniamo ai nostri figli a vergognarsi. E, come controcanto, ad indignarsi. Se riusciamo in questa missione, vorrà dire che noi immigranti digitali a questi nativi abbiamo ancora qualcosa da dire :-)
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