Il libro si può ordinare in una libreria Feltrinelli o sul sito www.lafeltrinelli.it/



mercoledì 22 febbraio 2012

Videogiochi per allenare la memoria

Da Giada Chicca
Salute











Il primo test, pubblicato sul NEJM, è stato eseguito dal neurochirurgo I. Fried su 7 pazienti con memoria standard affetti da epilessia. Dovendo essi sottoporsi ad un intervento che li portava ad avere elettrodi posti in varie parti del cervello, è stato possibile registrare la loro attività neurale. Ai pazienti è stato dunque chiesto di usare un videogioco in cui era richiesto di memorizzare, percorsi, strade e scorciatoie. Così si è scoperto come stimolando anche per breve tempo una particolare zona del cervello, la corteccia entorinale, sia possibile allenare la memoria. Tale area infatti è una sorta di varco per l'ippocampo, sede neurale dei ricordi e dei dati registrati. Espandendo il discorso, è dunque possibile immaginare che un apparecchio elettrico che riproduca tale processo durante la memorizzazione di date ed altro, riesca ad incentivare notevolmente la memoria. Un'applicazione del genere sarebbe utile per curare il morbo d'Alzhaimer, così come avviene già per il Parkinson.


martedì 21 febbraio 2012

Come studiare musica con i nativi digitali


Arriva il tutor nella stanza di Luca e Paolo... 





“Ciao”
“…”
“Che c’è? Avete litigato?”
“Paolo ha preso 4 in musica”
“E che problema è, mica è la pagella di fine anno!”
“E non glielo vuole dire a mamma!”
“E’ giusto che sia Paolo a decidere se e quando dirglielo, troverà il momento adatto”
“Io la odio musica”
“Perché Paolo?”
“Perché è la materia peggiore di tutte. La odio. Odio il flauto. Il maestro è severo. Mi viene il fiatone a suonare e mi lacrimano pure gli occhi.”
“Sai che anche io non sopportavo musica? Mi ricordo che quando dovevo suonare con qualcuno io facevo sempre finta di suonare ma non soffiavo neanche.”
“Anche io faccio così!... E poi a fine maggio dobbiamo fare la banda.”
“La banda?”
“Si, suoniamo in giro per il paese. Però io voglio fare il tamburo, non il flauto.”
“Ma lo sai suonare il tamburo?”
“Ho provato un paio di volte in classe con una pentola e un cucchiaio di legno.”
“Perché, non avete i tamburi?”
“Ehhhee, no, faremmo un casino… Comunque se lo sogna quello che io suono il flauto.”
“Glielo hai detto?”
“No, mi vergogno.”
“Ma tu che musica ascolti?
“Te lo faccio vedere sull’mp3?”
“Si, prendilo.”
“Ecco: Michael Jackson, “La verità” di Povia, “E meno male che c’è Carla Bruni”, Arisa, e poi quelle de Il mondo di Patty. Ne vuoi sentire una?”
“Si, la tua preferita”
“Questa, sugli amici del cuore, come io e Davide”

Amigos del Corazón, testo

Interpreti: Laura Esquivel e Brenda Asnicar
Quiero que cuentes conmigo
adonde vayas te sigo
nosotros somos amigos
amigos del corazón.

Y si tienes un problema
si algo te llena de pena
siempre estarán tus amigos
amigos del corazón.

Para ayudar a que te sientas mejor
para poder dejar atrás el dolor
porque en las buenas y en las malas yo estoy

Amigo, dame un abrazo te pido
que no está todo perdido
se viene un mundo mejor.

Amigo, hay que seguir el camino
para llegar a destino
no hay que soltar el timón
contra viento y marea, amigo
contra todo lo que sea, amigo
amigos del corazón.

“Ma la sai tutta a memoria!”
“Si perché mia sorella e la sua amica si scaricano il balletto da You tube e poi lo rifanno a casa”
“Ma il mondo di Patty è un telefilm no?”
“Una specie di soap opera con maghi e un sacco di musica e canzoni, una scuola di musical. Tra un po’ c’è una replica…”
“….Allora, Paolo ti faccio una proposta. Se ce la vediamo insieme poi ti posso fare sentire anche io una musica che ho portato?”
“Siiiii!”

(visione de Il mondo di Patty)
“Non ci ho capito molto ma sembra divertente”
“Si, ci sono due gruppi di cantanti, le Popolari contro le Divine che si sfidano”
“Vorresti che fosse così la tua lezione di musica?”
“Seeee, magari!”
“Tu sai fischiare?”
“E certo, da quando ero piccolo!”
“Prova a fischiare il motivo di Amigos del corazon!”
“Certo, senti.”
“Puoi fare di meglio”
“Così?”
“Bravo, molto meglio. Adesso fai finta di essere Bruno, quel bel ragazzo che abbiamo visto ne “Il mondo di Patty”e di suonare sul palco con la tua band
“Cosa suono?”
“Il flauto ovviamente”
“Per finta però?”
“Si”
“Va bene”
“Molto credibile, complimenti. Forse il look va rivisto un po’, jeans un po’ più strappati…Adesso prova con il flauto vero”
“Ma non lo so suonare!”
“Improvvisa, vai ad orecchio, tanto per provare”
“Così? Sarebbe fighissimo saper suonare questa canzone, avrei un grande successo a scuola”
“Hai visto allora che non è la musica né il flauto che odi?”
“Ah, era un trabocchetto il tuo!”
“No, solo un gioco. Adesso tocca a me farti sentire qualcosa. Ti ricordi? Hai mai sentito parlare del flauto magico?”
“E’ una favola?”
“Si, ma musicata da Mozart. Ce l’ho sulla pennetta usb, è un file mp4: c’è un cartone di accompagnamento molto bello. Dove lo vediamo?”
“Aspè, prendo la Psp.”
“Cos’è?”
“La play station portatile così possiamo rimanere qui”
“E si vedono anche i video?”
“E certo. Eccola.”
“Fantastico, ecco, Il Flauto Magico, dell’Orchestra Filarmonica di Berlino diretta da Kark Böhm
Questa canzone ha 220 anni…Ascolta che bello l’inizio…”
“Chi è questo?”
“Il principe Pamino inseguito da un drago, senti la musica come incalza, la tensione?”
“Si, è come il drago di Dragon Trainer, solo che quello è in 3d”
“E queste tre, sono fatine?”
“Tua sorella avrebbe detto le Winx, si. Sono le tre dame che vogliono aiutarlo e lo portano dalla loro Signora, la Regina della notte.”
“E lei la Regina della Notte?”
“Si, si sta lamentando con lui per la scomparsa della figlia, Pamina, rapita dal malvagio Sarastro.
Lui vede un ritratto della ragazza, se ne innamora e decide di salvarla.”
“Che belli questi disegni. E’ bella anche la musica.”
“ i disegni sono di Emanuele Luzzati, ecco le damine consegnano il flauto magico e questa è la principessa.”
“Bella, e lui la guarda innamorato…”
“Si, senti come è dolce la musica in questo pezzo”
“Vorrei poter suonare io così. Che succede?”
“Un cambio di musica repentino, non te l’aspettavi vero?”
“E lui chi è?”
“Papageno, un uccellatore, uno che caccia uccelli per la Regina della notte, che aiuterà Pamino a salvare la principessa”
“Buffo”
“E anche lui alla fine troverà l’amore, la sua Papagena. Vedrai il pezzo in cui Papageno vede la sua Papagena, è meraviglioso: in pochi secondi i due si vedono, si stupiscono, si piacciono e  si innamorano, è anche un pezzo molto divertente. Vuoi sentirlo, anche se saltiamo tutte le avventure di Pamino?”
“Si”
“Ecco”
“Bellissimo, dalla musica si capisce che si stanno innamorando.”
“Si, dopo un po’ che sentirai Il flauto magico riuscirai a riconoscere ogni singolo brano e ad abbinarlo alla storia.”
“Figo! Questo pezzo lo abbino subito, è semplicissimo. Dicono sempre pa-pa-pa-pageno!”
“Bravissimo. Facciamo così, tu vai dalla maestra che ti ha messo 4 e gli dici che hai ascoltato Il flauto magico di Mozart e ne hai anche studiato la storia, così magari apprezza lo sforzo…”
“Ma mi vergogno!”
“E di dire a tua mamma del 4?”
“Mi vergogno ancora di più.”
Me lo metti nella memoria della Psp?




lunedì 16 gennaio 2012

Studiare geografia con i nativi digitali

 


Cameretta. Luca e Paolo, 9 anni, quarta elementare, sono nella loro stanzetta
Paolo, lo conosci il figlio della prof?”
Si, quello con lo zaino di Dragon Ball e gli occhiali.”
L’altro giorno l’ho sentito che diceva le parolacce giocando a pallone.”
Ah, la prof ci mette in castigo quando diciamo le parolacce e poi suo figlio… a me mi ha pure sequestrato l’album delle figurine.”
E a me le figurine.”
Secondo me gliele dà al figlio.”
Seee, e quando? Se poi le figurine e l’album ce li ridà alla fine della lezione…”
Quella è capace di tutto.”
Ma tu non eri quello che diceva che era brava?”
Si, è brava. Almeno non legge dal libro come altri però è troppo severa, io non ce la faccio a stare seduto tutto il tempo.”
Però a mamma ha detto che sei simpatico, che fai sempre battute…”
Ah si? Allora già mi piace di più.”
Vabbè, vai a studiare geografia che io devo finire gli esercizi di matematica.”
Ma se io ti aiuto in matematica…?”
No! I riassunti te li devi fare da solo.”
Sei sempre il solito!”

Arriva il tutor con una pennetta usb in mano

Luca, ho una sorpresa per te.”
Oggi niente compiti?”
Quasi… oggi si studia giocando.”
Non mi fido, è uno dei tuoi trucchi.”
Un trucco appena scaricato, fresco fresco di web…”
Un videogioco?”
Una specie… oggi che compiti abbiamo?”
Geografia! Gli stati europei e le capitali.”
Ottimo. Sono pronta a cominciare.”
Io no.”
Nessuno è preparato su questo argomento, chiedi ad un adulto qualsiasi con cosa confina la Slovenia o la Lituania e non ti sentirai più solo.”
Invece mi sento solo perché se loro non lo sanno non succede niente mentre se non lo so io sono dolori.”
Esagerato! Accendi il computer!”
Mmm… già mi piace!”
E’ un programma che ho scaricato gratuitamente da un istituto per la ricerca e la sperimentazione educativa, studiato apposta per gli alunni delle elementari e medie. Ecco, ci sono le varie materie, geografia: stati e capitali! Ti sfido!”
Non vale, tu sei più grande!”
Si, ma ai tempi in cui io studiavo la geografia l’Europa era molto diversa.”
Perché?”
Ai miei tempi la Cecoslovacchia era un paese unico e adesso, dal 1993, sono due: la Repubblica ceca, capitale Praga, e la Slovacchia, capitale Bratislava, che è sul Danubio, un fiume di quasi 3000 chilometri, che attraversa tutta l’Europa dell’est dalla Germania al Mar nero.”
E’ più lungo del Tevere?”
Molto di più! Tu sai andare in bicicletta?”
E certo!”
Sul Danubio c’è una pista ciclabile lunghissima, che passa attraverso borghi antichi, castelli, nella Foresta nera…”
Sembra un posto pericoloso.”
Un pò, dicono che sul lago Mumelsee, nella Foresta nera, ci siano le streghe ma se non le disturbi non ti fanno niente.”
Io, per sicurezza, non ci vado.”
Allora se vuoi vedere il Danubio puoi andare a Vienna, in Austria, o a Budapest, in Ungheria. Guarda il percorso sulla mappa. Oppure vuoi andare in Transilvania?”
No, lì c’è Dracula!”
Caro Luca, sei troppo pauroso, scegli: o le streghe o Dracula. Giochiamo?”
Si.”
Guarda la schermata: è in due parti. A destra c’è la mappa dell’Europa divisa in Stati: tutti spazi bianchi. A sinistra ci sono gli Stati colorati che devi inserire nell’Europa trascinandoli con il mouse. Se indovini, questo pupazzo, che saresti tu, tira una freccetta al bersaglio e lo centra. Se invece sbagli, la freccetta va fuori e perdi. Se vinci ti danno la coppa, se perdi ti siedi sconsolato. Proviamo?”
Vai!”
Bravissimo.”
La Germania l’ho riconosciuta dalla forma. Funziona come i puzzle, quando hai già messo un bel po’ di pezzi è facile.”
Si, perché questo è il primo livello. Vediamo se sei capace di arrivare al secondo livello, tu che ti vanti tanto con tuo fratello di essere fortissimo.”
Adesso tocca a te.”
Mmm… allora io metto la Repubblica Ceca. Mannaggia ho sbagliato, ho confuso con l’Ungheria. Stai vincendo tu. La fortuna dei principianti.”
Io metto l’Italia.”
Non vale, Luca! L’Italia è facilissima. Anche i bambini di due anni lo sanno fare. Io metto la Slovenia che è un altro paese che qualche anno fa non c’era perché faceva parte della Yugoslavia. Uffa, ho sbagliato di nuovo!”
E in quanti stati si è divisa la Yugoslavia?”
6 o 7 però solo la Slovenia fa parte dell’Unione Europea. Gli altri, come la Macedonia e la Croazia probabilmente entreranno in un prossimo futuro”.
Sto vincendo! Guarda il tabellone, siamo sei a quattro.”
Bravo! La Francia l’hai indovinata subito.”
Si perché papà mi ha promesso che ci porta ad Eurodisney.”
Allora andiamoci subito, chiudi gli occhi e fai finta di essere a Eurodisney…”
Che bello, montagne russe, pirati, fantasmi, Peter Pan!”
Anche a me piace Peter Pan, facciamo un altro gioco, ad occhi aperti e con la mappa davanti. Tu sei Peter Pan e voli sull’Europa, guarda l’Europa, dove ti fermi?”
Qui.”
In Romania? Ma è qui la Transilvania!”
Allora me ne vado a Parigi, in Francia.”
A vedere la Torre Eiffel, e poi?”
A Londra, in Gran Bretagna.”
Dove abitava Mary Poppins!”
Io conosco tutte le canzoni del film.”
Anche io me ne ricordo qualcuna, quella… “Basta un poco di zucchero e la pillola va giù” e dopo dove vai?”
In Svizzera.”
E perché?”
A vedere le montagne di Heidi, che vedevo quando ero piccolo. A me piace la neve.”
Perfetto, e qual è la capitale della Svizzera?”
Non lo so.”
Berna.”
Fine del viaggio, qual è l’ultima tappa di Peter Pan?”
Olanda.”
Capitale?”
Amsterdam.”
Sembri sicuro della tua scelta, perché in Olanda?”
Per conoscere Wesley Sneijder.”
E chi è?”
Ma come fai a non conoscerlo, è un giocatore dell’Inter!”
Io non ne capisco niente di calcio. E’ bravo?”
Sono tutti bravi e tutti stranieri nell’Inter.”
E ci sono anche altri giocatori che vengono da paesi europei?”
Mmm… molti vengono da lontano, forse Belec Vid è sloveno.”
E dov’è la Slovenia?”
Ma l’abbiamo messa prima nel gioco, è qui, vicino all’Austria, all’Ungheria, alla Croazia e all’Italia.”
Ma allora questo Bid, Vid mica ha faticato tanto ad arrivare a Milano. E poi altri?”
Ci sono molti sudamericani…ah Dejan Stankovic è di Belgrado.”
Belgrado è la capitale…”
Della Bosnia?”
E’la capitale della Serbia.”
Ah, è vero, infatti lo chiamano il serbo!”
Hai visto la Yugoslavia, si è dissolta ma i giocatori buoni sono rimasti!”
E c’è pure un macedone, Goran Pandev. La Macedonia era in Yugoslavia?”
Si, si è separata nel 91, è qui al Sud, la vedi? Vale la pena quindi di studiare tutti gli stati dell’ex Yugoslavia visto che ci sono giocatori così bravi…”
E vabbè, però tu imbrogli sempre…”
Ma quando mai? Vediamo: Bosnia Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia e Slovenia. I calciatori viaggiano molto?”
Secondo me, si.”
A te piacerebbe diventare un calciatore?”
Ovvio, però vorrei essere bravo come loro.”

mercoledì 9 novembre 2011

Twitter in chiesa per i nativi digitali

 
 
Da un articolo di  
 
It looks like even Pope Benedict XVI, of the Roman Catholic church, is getting on the social networking bandwagon with his recent release of the Vatican Facebook app. This application allows you to connect with your friends and with His Holiness through Catholic-oriented YouTube video messages, virtual postcards and digital images.

Using the Internet to Reach World's Youth

Technically called Pope2You, this Facebook application went live May 24, 2009 at the 43rd World Communications Day. The goal of the Vatican was to get the Pope's message, entitled "New Technologies, New Relationships: Promoting a Culture of Respect, Dialogue and Friendship," broadcast live over the Internet in a way that would reach millions more people, especially youth. The application is part of the global website Pope2You.net, which also went live on the same day. The website and its various applications are sponsored by the Pontifical Council for Social Communications.
There are many reasons why the Vatican chose to utilize Facebook over other social networks, such as MySpace, Friendster or even Twitter. The Pontiff's goal is to connect with the younger generation in terms and with technology that they know and understand. Since Facebook is the number one social network in the world, what better way to do this?
The Catholic church has also recently embraced the Internet, giving it its "blessing" and urging individuals to use the World Wide Web as a "force for unity." The church now believes that positive messages, such as the one provided by the Pope on World Communications Day, can and should be done through social networks such as Facebook. However, the church also warns Catholics that the Internet has its negative side or "faces of evil," and should be used with caution.

How to Get the Vatican Facebook App

A simple search on Facebook for "Pope2You" will bring you to this application. Just click on it and follow the instructions for download. You can also make this app part of your profile and invite all of your Facebook friends to use it as well. It is available in various languages including:
  • English
  • Spanish
  • French
  • Italian
  • German
The Vatican Facebook app allows you to send a variety of Pontiff-related postcards, such as:
  • Prayer for the Sick
  • Greetings for the Feast of Pentecost (or other religious holy days as they approach)
  • Various digital Papal images and messages

More About the Vatican and the Social Media

The Vatican Facebook app Pope2You is not the only interest group of this kind on this social network. A quick search will garner you various Vatican groups that you can join. The most common Facebook group is simply called "Vatican" and has more than 1,000 members. This global gathering provides a complete background of the Vatican and Vatican City, and members from all over the world can post their praises for the Pope. There are several other groups by the same name but with the same purpose on Facebook as well.

Twittering in Church

While most cell phones and other electronic devices are usually frowned upon in a place of worship, some churches are now allowing members of their congregation to tweet during sermons. Why? Because for the most part, they are Twittering about what is being preached, and spreading the word of God to those who follow them. Twittering is said to go on after church services -- kind of like a coffee hour -- as others respond with other tweets.

Don't Forget the iPhone

Besides Facebook, the Vatican is also reaching out to iPhone and iPod Touch users through H2Onews, a service geared toward spreading timely news of the church throughout the world. This news is brought to you through a collaboration between Vatican Radio and the Vatican Television Center. These services are all available in various translations.

mercoledì 12 ottobre 2011

Dai pokemon alla filosofia



In geography – which is all but ignored these days – there is no reason that a generation that can memorize over 100 Pokémon characters with all their characteristics, history and evolution can‟t learn the names, populations, capitals and relationships of all the 101 nations in the world. It just depends on how it is presented.

We need to invent Digital Native methodologies for all subjects, at all levels, using our students to guide us. The process has already begun – I know college professors inventing games for teaching subjects ranging from math to engineering to the Spanish Inquisition. We need to find ways of publicizing and spreading their successes.

A frequent objection I hear from Digital Immigrant educators is "this approach is great for facts, but it wouldn’t work for my subject." Nonsense. This is just rationalization and lack of imagination. In my talks I now include "thought experiments" where I invite professors and teachers to suggest a subject or topic, and I attempt– on the spot – to invent a game or other Digital Native method for learning it. Classical philosophy? Create a game in which the philosophers debate and the learners have to pick out what each would say. The Holocaust? Create a simulation where students role-play the meeting at Wannsee, or one where they can experience the true horror of the camps, as opposed to the films like Schindler’s List. It‟s just dumb (and lazy) of educators – not to mention ineffective – to presume that (despite their traditions) the Digital Immigrant way is the only way to teach, and that the Digital Natives‟ "language" is not as capable as their own of encompassing any and every idea.

So if Digital Immigrant educators really want to reach Digital Natives – i.e. all their students – they will have to change. It‟s high time for them to stop their grousing, and as the Nike motto of the Digital Native generation says, "Just do it!" They will succeed in the long run – and their successes will come that much sooner if their administrators support them.

(Digital natives, digital immigrants, Marc Prensky 2001)

martedì 4 ottobre 2011

Le vie dell'arte per nativi (e non) digitali diversamente abili

Uno dei modi migliori per apprezzare un’opera d’arte è essere ciechi e andare alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Penso invece ai nostri ragazzi, che ci vedono benissimo, e visitano i musei in gita scolastica come se andassero all’interrogazione di chimica. Sarebbe bello se potessero andarci con i non vedenti e fare lo stesso meraviglioso percorso riservato a loro in una piccola area del museo. Ne uscirebbero, credo, più ricchi ed emozionati.
Ad ideare e realizzare questo progetto di percorso museale per persone con disabilità è stato l’Istituto “Leonarda Vaccari” in collaborazione con diversi enti istituzionali.
Funziona così. C’è il quadro, grande, bello, imponente, ben esposto. Per chi può guardarlo con gli occhi.


In questo caso si tratta de "Un riflesso" di Filadelfo Simi.
E sotto c’è la riproduzione del quadro in rilievo plastico. Per chi vuole guardarlo con le emozioni.



Con la mano sinistra quindi si ripercorrono i contorni delle figure e i volumi, con la destra si legge in braille la descrizione minuziosa dell’immagine e una breve nota critica. Si acquisisce così in dissolvenza l’immagine nella mente.


Dopo si va verso un’altra piattaforma dove il quadro plastico è collegato ad un sistema audiovisivo che si attiva toccando le singole parti che compongono il quadro. In questa raffigurazione si vedono le giovani abitanti di un paesino toscano che ballano e altre due graziose paesane stese per terra che le accompagnano con le mani e la voce. Toccando le ballerine si sentono (e si vedono sullo schermo) voci di danzatrici accompagnate da una musica adatta all’ambientazione e all’epoca; passando le dita sulla ragazza per terra che canta si sente la voce; digitando il volto della quinta fanciulla si sente un battito di tamburello. Si tratta praticamente di una postazione di regia dove si può decidere quali suoni e quali immagini fare scorrere al cinema. Solo che il regista è cieco. Se invece non fosse cieco ma avesse fatto comunque questo percorso, sarebbe un regista che ci vede meglio. E allora accompagniamoli i nostri figli in queste vie dell'arte attraverso le emozioni.

martedì 27 settembre 2011

NATIVI DIGITALI gran romanticoni...


 
Sono disobbedienti, maleducati, disordinati ma i nostri figli sono comunque dei gran romanticoni bisognosi di affetto. Ne ho avuto ulteriore prova l'altro giorno quando ho assistito alla proiezione dell'ultima puntata di Smallville, un'anteprima internazionale all'interno del Romafictionfest di Roma.
Chi ha introdotto il telefilm ha fatto notare ai 1000 ragazzi delle superiori presenti in sala che i veri protagonisti, forse nel senso dei responsabili del successo della serie, erano loro. Il pubblico si è sentito chiamato parte in causa ed è intervenuto rumorosamente in ogni scena gradita. Infatti non c'è stato bacio tra Loris Lane e Superman, frase d'amore, momento strappa lacrime, discorsone retorico sul darsi all'altro completamente, promessa di matrimonio che non sia stata accompagnata da fragorosi applausi e urla di incoraggiamento. Più che in un auditorium, dove si dovrebbe in teoria ascoltare e basta, sembrava di stare allo stadio. Questa marea di adolescenti però non si esaltava per un gol ma per un “non riesco ad immaginarmi una vita senza te”. I ragazzi amano l'amore. E cercano l'amore in tv.
Un indagine della Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia) ha rilevato come la tv sia spesso l'unica fonte di informazione sul sesso adolescenziale, seguita da Internet naturalmente. In particolare gli adolescenti italiani detengono il primato europeo per l'importanza che danno alla televisione nella loro educazione sessuale. Il 64% di loro vorrebbe avere più informazioni a scuola, il 44% a casa.
In Svezia l’educazione sessuale è, infatti, obbligatoria per tutti dai 7 ai 19 anni. Negli Stati Uniti è materia scolastica dal 1965, nel Canada è obbligatoria dal 1984, in Francia lo è dal 1973.
Ed adesso è arrivata anche in Italia: dal 2003 l’educazione sessuale è entrata a far parte dei programmi scolastici approvati dal ministro dell’istruzione Letizia Moratti. Ho appena ritirato i libri di seconda elementare di mio figlio e in quello di educazione civica ci sono diverse paginette dedicate all'educazione all'affettività. Mia nipote alle scuole medie studia educazione sessuale, con grande soddisfazione di tutta la classe.
La scuola entra quindi in un settore che sinora è stata prerogativa delle famiglie e dei media. La finalità è di sviluppare negli alunni la capacità di ascolto e di espressione dei propri sentimenti nel rispetto degli altri e di essere in grado di intrattenere buone relazioni, di vivere in maniera consapevole le proprie scelte affettive e sessuali, conoscendo bene i metodi di contraccezione e le malattie sessualmente trasmissibili.
Quello che mi chiedo è perché non si faccia un passo ancora in avanti, sempre nell'ambito del programma ministeriale naturalmente: portare la tv a scuola. Abbiamo visto come questa scatoletta sia maestra di sessualità e allora si dotrebbe creare un corto circuito positivo tra il settore educativo e quello di intrattenimento. Si potrebbero mostrare le fiction, i telefilm, le serie più viste dagli adolescenti in classe e, partendo da quel loro vissuto quotidiano, parlare di affetto e sesso in maniera critica.
Invitando gli alunni a esprimere liberamente le loro curiosità, i loro dubbi, le loro ansie si possono ristrutturare informazioni scorrette e sbloccare problematiche tipiche dell'età adolescenziale. Perché Mary è rimasta incinta senza volerlo? Perché Paul ha mentito alla sua fidanzata? Perchè Marco non vuole ammettere di essere omosessuale?
In ogni classe c'è una Mary, un Paul o un Marco che ha bisogno di confrontarsi con gli altri. E Facebook o messenger potrebbe non essere sufficienti. C'è bisogno di educatori, genitori e docenti, di figure autorevoli, di riferimento che però siano in grado di parlare la stessa lingua digitale dei ragazzi.

martedì 9 agosto 2011

Dalle stelline digitali all'ecoentusiasmo

Quest'anno sono andata in vacanza a Londra e Berlino. Nella capitale inglese ho prenotato un hotel su Internet. In Germania ho affittato una casa vacanze. Ho scelto entrambe le soluzioni insieme a mio figlio di sette anni che è appassionato di quelle stelline che indicano l'indice di gradimento degli ospiti.
(La sua passione è nata con i videogiochi per telefonino. Mi fa scaricare solo quelli gratuiti che abbiamo almeno 3-4 stelline e che tra i primi dieci commenti abbiano un “favoloso” o un “fantastico”.)
Così, da esperto quale si vanta di essere, non mi consente di scegliere la stanza in base a criteri meramente estetici e geografici, vuole sapere se la stanza è pulita, rumorosa, se in reception sono gentili. Mi piace quest'atteggiamento. E infatti al rientro, quando abbiamo ricevuto due mail dai portali che gestiscono l' hotel e l'appartamento in cui ci ringraziavano per il soggiorno e si dichiaravano molto interessati a ricevere le nostre impressioni per pubblicare il commento online e aiutare nella scelta gli altri utenti, ci siamo di nuovo seduti insieme per inserire le nostre stellette. Lui si è un po' lamentato della colazione inglese: non è che uova e bacon tutte le mattine lo facessero impazzire. Io ho apprezzato il fatto che fossero stanze pulite e ben collegate aggiungendo che la cameretta risicatella non era però adatta ad un omone abituato al lettone king size.
Mi fa impressione sapere che qualche sconosciuto deciderà se andare o no in quei posti in base a quello che abbiamo scritto io e mio figlio. Questa condivisione di conoscenze sta cambiando il mercato e l'asimmetria tra produttori e consumatori. Non siamo più voci isolate. Entriamo nel prodotto e lo cambiamo. Le stelle le diamo noi in base anche alla simpatia con la quale siamo stati ricevuti. Così persino questa merce così rara e così preziosa (l'accoglienza) diventa parte integrante del pacchetto. Il mercato diventa più trasparente. Le nuove tecnologie hanno fatto nascere nuovi comportamenti e una nuova consapevolezza collettiva. Una timida ragazzina maltrattata in reception oggi può innestare una reazione a catena con esiti catastrofici per il gestore poco accorto.
I nostri figli sono dentro questo mondo sin dall'età prescolare. Riconoscono le stellette prima di imparare i numeri. E adesso, per loro, la nuova frontiera sarà lo sviluppo di un'intelligenza ecologica collettiva. Magari i nostri adolescenti per il momento non vanno su Good Guide per vedere se il loro skateboard o la loro consolle sia più “verde” di altri. Non sanno cosa sia l'impronta carbonica di un prodotto. Non si preoccupano se un prodotto sia o meno ecompatibile o se rilascia sostanze tossiche nelle fabbriche dove viene realizzato. Sono solo vagamente ambientalisti. Fanno la raccolta differenziata e studiano il buco dell'ozono. Ma le reti sociali, il social networking, una nuova coscienza sociale, l'appoggio di gruppi ambientalisti li sta spingendo pian piano in quella direzione. Per creare una vera nuova coscienza ecologica però serve altro: noi e la scuola. Noi, con l'esempio. La scuola, con l'insegnamento. Non è necessaria una rivoluzione, bastano nuove prassi e un po' di ecoentusiasmo. Magari domani ci stupiranno scegliendo lo shampoo in base al rating di health ed enviroment ( vedi http://www.goodguide.com/) costringendoci a rinunciare alla nostra marca preferita. Non è un po' quello che è successo con le sigarette? Vi ricordate quando nei film americani fumavano tutti languidamente per avere più carisma e sintomatico mistero?

mercoledì 1 giugno 2011

Le figurine panini dei nativi digitali




Valerio è un mio collega, lavora con me al Grande Fratello. Lui però, per nascita, è un nativo digitale e si vede. Ha organizzato una cosa, secondo me, bellissima. Ha creato un sito ed ha aperto un canale youtube esclusivamente per mostrare il campionato di calcetto dei suoi amici. Con saltuari collaboratori, ogni giorno, posta i risultati delle partite, il calendario, gli incontri stessi e le interviste, come in un vero canale televisivo sportivo.
Perché lo fa?
Perché consuma tante risorse in un'attività non lucrativa?

Il libro che sto leggendo “L'arte fuori di sé” mi sta aiutando a capire.
Gli autori, Balzola e Rosa, descrivono questi autori che vivono una nuova dimensione espressiva e comunicativa come “artisti plurali”. Artigiani che materializzano il momento progettuale e ideativo (il sito, il codice, il programma) e smaterializzano i supporti formali, i generi disciplinari e i codici linguistici.

Non voglio dire che Valerio sia un artista ma neanche che non lo sia. Comunque dedica tempo ed energie ad un progetto che non è un'ambizione estetica, né un'ambizione personale ma qualcosa di più vicino ad un'esigenza sociale, un bisogno di condivisione di eventi quotidiani. E per farlo ha bisogno di sviluppare un'arte sincera delle relazioni umane ovvero di richiedere una collaborazione artistica a chi fa le foto, chi il video, chi le interviste; un'attività che non si basa su un rapporto professionale ma sulla stima reciproca e sul desiderio di partecipare ad un progetto comune per la soddisfazione di tutti.

Valerio non assume una posizione dominante ma organizza e gestisce. Si realizza nel suo donarsi all'interno di una progettualità partecipata. Lui rappresenta, come ribadiscono gli scrittori, esattamente il contrario dell'eccesso di protagonismo personale, di narcisistico egocentrismo che invade tutti i settori dell'arte contemporanea. Oggi al Maxxi ho visto un'installazione di candele bianche appoggiate su un lungo nastro di alluminio. Qualche anno una mia amica di Milano faceva furore con installazioni piramidali di bottiglie di plastica. Valerio fa qualcosa di meno artistico e stravagante ma più rivolto agli altri. Regala il suo tempo e le sue capacità tecniche. Probabilmente avete ragione, non si tratta di arte. Però è quello che l'arte forse dovrebbe essere: un dono di sé.

venerdì 27 maggio 2011

L'ARTE FUORI DI SE'. Manifesto per i nativi digitali (e non solo)



Amo andare nei musei di arte contemporanea di tutto il mondo. Mi diverte vedere gigantesche orecchie di pelle rosse alla Tate di Londra, foto di uomini che fanno la pipì su una sedia allo Stedelijk di Amsterdam, raffinate costruzioni di sabbia al Moma di New York. Ne traggo un certo godimento anche se fugace. In verità, però, mi emoziona di più constatare che dopo 3.500 anni, i gioielli della tomba di Tutankhamon siano rimasti ineguagliabili per bellezza e fattura. Me li immagino sul petto nudo di quel 13enne faraone d'Egitto o mentre siede sul suo trono tutto rivestito d'oro oppure mentre cammina a fianco della moglie con le mani rivolte verso l'esterno, come da iconografia classica. E poi mi incuriosisce sapere chi abbia scelto di mettere proprio quei gioielli nella tomba, la moglie o la madre?, e se abbiano veramente creduto che lui avrebbe avuto la possibilità di indossarli di nuovo. E ancora vedo, dopo migliaia di anni, la gioia incontenibile di Carter, l'archeologo che ha scoperto il sarcofago con tutti i suoi tesori. E la felicità e l'orgoglio del direttore del museo egizio nell'esporli. Insomma, mi faccio ogni volta un piccolo viaggio mentale.
Con le opere di arte contemporanea, tutto questo non è possibile. Sono oggetti artistici nati per essere esposti nei musei, e dove altrimenti? Metto la sabbia nel salotto poi entra la donna delle pulizie e butta via tutto. Per non parlare di un water o di un mobile di stracci (vedi Maxxi di Roma). Oggetti senza storia. Senza nessuno che abbia fatto sacrifici per acquistarli ed esporli nel salotto per vantarsene con gli amici. Sono “idee”: aggressive, divertenti, spiazzanti. Provocazioni per suscitare scandali o cercare complicità. Ed è un gioco al quale mi presto con piacere. Consapevole che qualcuno, non un raffinato critico d'arte ma un esperto di marketing , ha fatto un lavoro preliminare per me. Ha deciso che quel giovane strano, quell'artista, poteva sfondare a livello di comunicazione, che la sua presentazione era efficace, che con il giusto packaging, la pubblicazione in catalogo, la mostra in quella galleria molto chic e ben frequentata, poteva diventare un “nome”. Infatti io a questi eventi ci vado, a volte copio le idee e le realizzo con il mio bimbo di 6 anni. Potrebbe sembrare svilente nei riguardi dell'artista ma non vuole esserlo, in milioni hanno ricopiato la Gioconda, io mi accontento dei quadri fatti con i tappi della Guinnes.
Adesso però c'è un libro che scrive tutte queste cose senza pudori e anzi propone un' inversione di rotta: “responsabilizzare tutti: il pubblico, che deve trovare un rapporto più diretto e autentico con l'opera, e l'artista, che deve confrontarsi con le dinamiche sociali. E questa fatica del lavoro artistico deve trovare un corrispettivo nel rigore e nella profondità del lavoro critico e curatoriale”. Si chiama “L'arte fuori di sè” di Balzola, Rosa. Ve lo consiglio da madre. Si, perché nel libro c'è una sorta di manifesto per l'età post-tecnologica. Si parla di artisti plurali, quelli che agiscono in una rete di relazioni, spesso digitali. Persone abituate a far dialogare diverse percezioni del reale e del virtuale, come i nostri figli appunto: i “nativi digitali”. Voglio essere pronta anche per questo. Ve ne parlerò ancora...

lunedì 16 maggio 2011

Ma quale “sindrome da vuoto digitale”...

Articolo di mammeonline


"Mi sentivo solo e depresso e mi sono messo a fissare il muro. Dal mio punto di vista, è l'unica cosa che si possa fare oggi senza tv, pc o cellulare". Così termina, in maniera banalmente drammatica l’articolo di Repubblica sulla “sindrome da vuoto digitale” in cui sono stati resi noti i risultati di un test su 1000 studenti universitari di tutto il mondo lasciati senza tv, telefono o pc per 24 ore.  La sensazione è stata di solitudine, senso del nulla, privazione fisica.
L'analisi è interessante ma non ci sorprende minimamente. Qualsiasi privazione ci mette in uno stato di prostrazione.
Una concorrente di Uman, un reality-tamagochi di Italia Uno,  Ramona, è stata malissimo perché non le è stato consentito di fare la doccia per 4 giorni. Un'altra , Veronica, ha avuto una crisi di nervi per la mancanza di sigarette.
Un'altra ancora, Elena, è quasi scappata perché era stata privata dei trucchi ma nessuno ha parlato di “sindrome da vuoto cosmetico”. Eppure anche questa definizione potrebbe avere un suo certo appeal mediatico

Oggi solo quelli che non sono nativi digitali parlano di comunità virtuali. Per i ragazzi nati e cresciuti con  un computer sempre connesso distinguere gli amici reali da quelli virtuali è sempre più difficile e soprattutto non rilevante. Si tratta di relazioni. Che siano affettive, lavorative, ludiche o legate ad interessi in comune, sono sempre estremamente “vere”.
Il moderno paesaggio antropologico, determinato dai nuovi media, ha creato usi e costumi sociali completamente diversi rispetto al passato e ha generato nuovi bisogni. Tra questi c'è il bisogno di essere interconnessi, di partecipare ad una sorta di intelligenza connettiva, che è fatta di saperi ed esperienze messi in comune ma anche di emozioni condivise.
Sapere che si può contattare l'amico via messenger per fargli sapere che si è tristi  o voler convincere i propri amici tramite facebook a votare no al referendum non vuole certo significare che si hanno competenze tecnologiche avanzate. Vuole dire semmai che è cambiato il nostro modo di pensare, che abbiamo  più voglia  di condividere, di cercare un confronto, di avere un riscontro. Vogliamo far parte della Rete.
Scardinare improvvisamente questi riti di comunione e bloccare i flussi di informazione a cui siamo abituati genera certamente una sorta di straniamento e di malessere. Ma continuerei ad associare il termine “sindrome” ad un quadro sintomatologico diverso, magari legato a  malattie più serie.      Io preferisco l'espressione originale dell'esperimento: “the world unplugged” che sa più di spiaggia e chitarra classica.

Articolo di Maila Paone - Genitori di nativi digitali 


giovedì 5 maggio 2011

Insegnando ai nativi digitali...



Molti insegnanti mi chiedono in cosa consista esattamente la “partnering education”. E’ difficile spiegarlo in poche parole e poi preferisco le suggestioni del post... Oggi, per esempio, voglio tradurre dal libro di Prensky -“Teaching digital natives”- alcuni dei suoi consigli agli insegnanti. E poi, di seguito, ho provato a tradurre quei “partnering tip” in suggerimenti per i genitori che fanno i compiti a casa con i loro figli. Ecco quelli per i docenti.

  1. “Tieni un elenco delle passioni dei tuoi studenti e condividile con gli altri insegnanti. Cerca sul web suggestioni, idee, informazioni su queste passioni. Riscrivi la lista con il gruppo di insegnanti, arricchita dalle ricerche.”
  2. “Se l’anno prossimo inizi un nuovo ciclo, chiedi agli studenti cosa, secondo loro, potresti fare per migliorare l’insegnamento delle materie studiate.”
  3. “Comincia il corso spiegando bene agli studenti quale sarà il programma e chiedi loro come possono partecipare, con quale risorse e se riguardo certe materie hanno avuto esperienze positive o negative”.
  4. “Cerca di fare più domande possibili alle quali la risposta non sia immediata ma piuttosto qualcosa tipo Questa è una bella domanda!
  5. “Molti studenti non sanno che i ricercatori sono figure professionali ben definite. Se intercettate un interesse in una determinata materia contattate uno specialista e invitatelo in classe.”
  6. “Se gli studenti hanno competenze tecnologiche molto diverse, organizza momenti di incontro in classe in cui i più esperti possano insegnare ai meno esperti”.
  7. “Coinvolgi i tuoi studenti in una discussione di classe e chiedi: “Cosa rende delle domande più interessanti delle altre? Cos'è il ragionamento induttivo e deduttivo?” Verranno fuori molti esempi e tu tratterai di quelli che ritieni più interessanti.”

Per i genitori tradurrei così:

  1. Chiedete ai vostri figli quale siano le loro passioni. Probabilmente vi mostreranno un video di Fabrifibra su Youtube.
  2. Se una vostra punizione è risultata particolarmente indigesta ai vostri figli, chiedete loro, in un momento di tranquillità, cosa avrebbero fatto al posto vostro. Vi stupiranno.
  3. Se dovete mettervi a studiare geografia o scienze con i vostri figli cercate qualcosa nel programma che possa ancorarsi ai loro interessi e far loro capire come quella materia possa servire nella vita di tutti i giorni.
  4. Non fate sempre domande banali ai bambini. Loro sono più metafisici di quanto possiamo immaginare. Oggi, per esempio, mio figlio, mi ha chiesto quando gli scienziati riusciranno a fare qualcosa di umano come un'animale... Non sapevo bene cosa rispondere ed è stato bello.
  5. Se vostro figlio è appassionato di tennis (anche solo alla wii), invitate a casa il vostro amico tennista per condividere le emozioni delle ultime partite.
  6. Se l'amichetto di vostro figlio sa usare un programma di montaggio per fare i cartoni animati inviatatelo a casa per un pomeriggio davanti al computer. Per la partitella a calcio si fa sempre in tempo domani.
  7. I bambini ci chiedono sempre perché. Se cominciassimo a farlo anche noi con loro?

mercoledì 4 maggio 2011

In onda su Radio Capital

Intervista stamattina su Ladies and Capital per parlare di "Mamme al tempo di facebook".

lunedì 25 aprile 2011

Tu ti chiami...? Cosa ti piace? Aspetta che me lo scrivo.




Every one of your students has a main interest, or passion, if you will. These passions are extremely diverse and include everything (and anything) from nature, to sports, to reading, to music, to vehicles, to history, to medicine, to space exploration, to a wide variety of other, often unexpected areas. In some cases a student's passion may be still hidden from his or her own self-knowledge. And many students have more than one.
Knowing what those individual passion are, not just on the surface but in some depth and detail, is extremely important for partnering teachers. The reason is that students' passion are the routes and filters through which partnering teachers create individualized learning, learning that will stick in students' minds, be valuable in their lives, and make them want more.
Today there is a new buzzword making the rounds: passion-based learning.

Partnering tip
On the first day of class, when you introduce yourself to your class and ask each student his or her name, also ask, individually, what each student is interestes in and/or passionate about. Write this down, and take it seriously. It will enable you to design ways to reach each of these students through his or her passion and to cluster your students, at certain times, by their common interests.You can encourage those students who are not able to identify a passion to try out the different cluster as they seek their own interests.

"Teaching digital natives", Marc Prensky

mercoledì 13 aprile 2011

PARTNERING EDUCATION part II



Abbiamo parlato diverse volte della partnering education proposta da Marc Prensky, l’inventore del termine “nativi digitali”.
Oggi proponiamo i primi step verso questa nuova forma di insegnamento. Leggo e traduco liberamente dal libro “Teaching digital natives”:

“ I tuoi studenti sembrano spesso annoiati e stanchi?
Fanno fatica a prestare attenzione mentre parli?
Si distraggono?
Fanno meno di quanto vorresti?

Ebbene, sembra incredibile, ma questi sono segnali positivi e indicano che sono pronti per un più attivo e impegnativo apprendimento. E se anche fossero felici, attenti e ben motivati il “partnering” potrebbe arrecare loro grandi benefici nel lungo tempo per farne studenti migliori e più indipendenti.

E tu, insegnante, sei pronto per il partnering? Chiediti se:

Ho mai pensato ai miei studenti come partner con differenti abilità?
Conosco le passioni dei miei studenti e posso usarle per facilitare l’apprendimento di certe materie?
Vedo alternative al leggere, ripetere e spiegare? Sono pronta a “lasciare la cattedra” e stargli accanto?
Faccio in modo che capiscano che le cose che imparano non sono solo rilevanti ma reali?
So come tradurre i contenuti in domande-guida?
So usare la tecnologia come loro?”

Questa è l’introduzione. Negli altri capitoli l’autore spiega come iniziare ad insegnare con questa nuova tecnica pedagogica. Continuerò a parlarvene ;-)

martedì 12 aprile 2011

DAL NERD AL GEEK



Una volta c'erano i nerd, quelli con una certa predisposizione per la ricerca intellettuale, un quoziente intellettivo superiore alla media, tendenzialmente solitari, poco avvezzi alla vita sociale, occhialuti, non sportivi e mal vestiti (Wikipedia). Un modo spregiativo quindi per indicare chi, invece di socializzare, passava il tempo davanti al computer. Adesso ci sono i geek, le persone affascinate dalla tecnologia. Chi è geek ha stile, molti amici, molti agganci, sempre in rete, con lo smart phone in mano, aggiungerei (ma è una mia iniziativa) che è anche ben vestito. Steve Jobs ha conribuito a questa piccola rivoluzione nell'immaginario collettivo. Uno degli uomini più potenti del pianeta, più ammirato, ci stava un pò stretto nel gilet di seconda mano del nerd. Lui che, dicono, ha inventato il futuro. Uno che ai neolaureati di Stanford ha consigliato: "stay hungry, stay foolish" (siate affamati, siate folli)  e che ha raccontato di quanto mangiava con i 5 centesimi del reso in vetro delle bottiglie di coca-cola. Steve Jobs non poteva essere definito in maniera spregiativa.
E così sono arrivate anche le geek girl.  In tutto il mondo. Ragazze appassionate di nuovi media e che vogliono conoscersi e collegarsi, anche tramite cene reali organizzate in rete. Ragazze come noi.
Oggi voglio consigliarvi il loro sito perchè ci sono sempre articoli interessanti ma alcuni ci riguardano da vicino, come per esempio, il bando per un concorso euopeo di serious game, ovvero come creare videogiochi che siano anche strumenti di formazione. Il nostro pane quotidiano insomma. Oppure l'articolo sull' e-learning dove raccontano come ormai tutte le più prestigiose università del mondo stiamo mettendo on line contenuti open source, anche tramite la piattaforma di Utunes University. Infine, la cosa per noi forse più interessante nel breve periodo: il social learning, l'interazione tra studente e docente.

giovedì 7 aprile 2011

LA DIVINITA' IN TASCA






Leggo e traduco dal sito web di un famoso fotografo americanoEvan Baden di cui vi invito a vedere le foto. Tutte persone illuminate da questa nuova divinità pagana.

"Nelle culture occidentali, c'è una generazione che sta crescendo senza sapere cosa voglia dire essere disconnessi. Il mondo in cui staimo crescendo è sempre su "ON". Siamo continuamente collegati e linkati. Diamo per scontata la tecnologia. Non vogliamo essere ingrati ma non conosciamo una parola senza la tecnologia. Dalle nostre più recenti memorie, c'è sempre stato un modo per connettersi con gli altri: My space, Facebook, telefonini, instant messaging. E ora con Internet, le chat, le email nella nostra tasca, nel nostro telefonino, possiamo sempre sentirci come se facessimo parte di un tutto.
...Questi strumenti ci danno grande libertà e ci incatenano alle persone con cui siamo connessi. Gli altri sono diventati parte di quello che siamo e di come ci identifichiamo. Abbiamo accesso ad una conoscenza e ad una comunicazione inimmaginabile fino a una generazione fa. Sempre di più siamo rinchiusi in una silenziosa, soffice, splendente luce blu. E' come se in tasca avessimo una...divinità."

http://www.evanbaden.com/

lunedì 4 aprile 2011

UN ROMANZO COLLETTIVO su facebook



Nuove frontiere si aprono su facebook. Non solo comunicazione ed intrattenimento ma arte e cultura. Su Book Page gli admin del sito hanno lanciato una sfida: "scriviamo un libro insieme". Hanno risposto positivamente 70 autori e l'esperimento è diventato un romanzo: "le connessioni invisibili", composto da 18 capitoli. Ecco l'inizio:

Quasi si nasconde. Ma è ancora troppo presto per lasciarsi alle spalle un piccolo frammento di realtà.

L'ultimo raggio di sole tocca una finestra lontana. Troppo vicina per rimanere nell'ombra. Dietro la finestra si intravede una figura, opaca, indefinita, non abbastanza per capire che quell'ombra ha lineamenti umani. L'ultimo raggio di sole tocca la finestra e corre lontano, tagliando quella figura, immobile.




 Luce spenta. Al suo fianco la finestra è aperta, le tende colorate si fanno carezzare dal vento, il sole entra timidamente nella stanza quasi a non voler disturbare quell'ambiente che continuerà a splendere anche in sua assenza. Dentro la stanza non c'è nessuno. Soltanto un minuto e il sole si dilegua portando con se l'immagine di un giorno che soltanto lui potrà raccontare come realmente è stato. (Roberto Secci)



Il sole allo zenith nasconde l'ombra. Ma è un istante, un quanto inesprimibile di tempo troppo breve per essere compreso. E' l'inizio di una sfida alle leggi della gravità, come se le parole prendessero il volo.  (Eleonora Galbiati)

Devo dirvi la verità. L'ho trovato un pò pesantuccio e non sono riuscita ad andare troppo avanti. L'idea è bella ma secondo me se un'autore si gioca tutto in 4 righe vuole soprattutto fare bella figura usando belle immagini e belle parole.  Un libro, secondo me,  invece è una grande storia. E come dice Mckee, una storia è la prova vivente di un'idea, la conversione di un'idea in azione. Una storia è una specie di filosofia vivente che gli spettatori afferrano nel suo insieme, in un istante, senza un pensiero conscio: una percezione sposata alla loro esperienza esistenziale.
Il gruppo di persone che hanno scritto il libro su Facebook hanno in comune di certo in comune una cosa: vorrebbero diventare scrittori. Ma non hanno condiviso un progetto esperenziale o esistenziale. Non avevano discusso di cosa volessero dire e come (almeno credo, se mi sbaglio, ditemelo). Hanno messo insieme frammenti narrativi di senso compiuto collegandoli logicamente, temporalmente ed esteticamente tra di loro.
Continuo a credere che quella di Roberto Secci ed Eleonora Galbiati sia stata una bella idea. Però io proverei altro. Metterei insieme un gruppo di persone, ce ne sono così tanti su Facebook!, che condividono un'idea e magari un ideale. Lancerei un brain storming aperto a tutti per raccogliere l'inimmaginabile e dopo chiuderei la porta agli estranei e insieme al mio gruppettino fisserei delle linee guida, stabilirei le linee narrative, descriverei in profondità i singoli personaggi con le loro ansie e contraddizioni, i colpi di scena, la chiusura, persino la lunghezza dei capitoli! Secondo me i vincoli ci vogliono, sono utili, danno la direzione, stimolano la creatività. Anzi io, siccome lavoro in tv, scriverei in questo modo una fiction televisiva nuova, fresca, originale e giovane. E la domanda che più farei, ogni volta che si dovesse decidere come fare evolvere il personaggio, sarebbe: "tu cosa faresti al posto suo?". In questo modo sarebbe ridimensionata la componente narcisistica dell'autore che ogni volta invece dovrebbe guardarsi dentro, anche dove c'è il buio, e tirare fuori quello che secondo lui è bello condividere con gli altri.
Che ne pensate?

martedì 29 marzo 2011

INTERNET E LA PRIVACY

Il bullo online molesta gli altri usando le nuove tecnologie e i social network.
Il bullo online pubblica su youtube contenuti scorretti.
Il bullo online è un cretino.
Facebook suggerisce alcune misure per prevenire questi comportamenti  (accettare solo richieste di amicizie sicure, non fidarsi di profili falsi, usare la funzione "blocca" per mettere fine a comportamenti offensivi, segnalarli a Facebook, usare impostazioni sulla privacy più restrittive) ma noi genitori che facciamo? La maggior parte di noi si preoccupa del numero di ore passate su Facebook ma quasi nessuno della qualità. I nostri figli chattano con sconosciuti, pubblicano contenuti sconci, fanno parte di gruppi demenziali? E soprattutto: conoscono le regole sulla privacy? Hanno un codice etico per la pubblicazione e la condivisione di contenuti? La famiglia e la scuola (se non è educazione civica questa!) dovrebbero intervenire per educare il buon cittadino digitale sin da piccolo.
Per esempio in una scuola media, dove tutti sanno maneggiare una telecamera e qualcuno un programma rudimentale di montaggio, si potrebbe lanciare un concorso: un piccolo cortometraggio per insegnare a non postare video che coinvolgano persone non consenzienti. Una cosa del genere: http://www.youtube.com/results?search_query=KJEnVzMXK1E&aq=f
Chi vince può decidere per tutto un mese che giorno essere interrogato in matematica o in storia.

mercoledì 23 marzo 2011

IMPARIAMO A WIKIFARE NAPOLEONE


Genitori, se vogliamo guidare i nostri figli verso percorsi alternativi e intelligenti nel magico mondo della Rete non tralasciamo Wikiversity. Wikiversity è un progetto mondiale di condivisione di contenuti legati all'apprendimento, dalla pre-scuola all'università. Il sito è rivolto a studenti, docenti e ricercatori. Lo slogan è Set learning free. La versione italiana è ancora in via di costruzione ed è proprio questo il bello! Un ragazzo o una classe, coordinata dal prof, può facilmente postare un ipertesto. Mettiamo che a scuola si stia studiando Napoleone. Clicchi Napoleone su Wikiversity e ti escono 4 righe "ancora da wikifare"..??? Cosa vuol dire? Che il testo deve avere un titolo convenzionale, contenere informazioni corrette, deve avere una frase di apertura riassuntiva e grammaticalmente corretta, non deve contenere concetti non neutrali, non deve essere troppo breve, deve avere i wikilink sui quali già esiste una voce in wikipedia, deve contenere immagini significative corredate da didascalie e terminare permettendo al lettore eventuali approfondimenti alle voci correlate e ai collegamenti esterni.
Una volta Napoleone era quello che diceva la professoressa, che a sua volta era quello che diceva il libro. Adesso il gruppo può giocare a trovare altri contenuti grafici e video, può imparare a scrivere un testo secondo codici internazionali, può avere una gratificazione immediata del lavoro svolto vedendolo pubblicato su wikiversity. E soprattutto si impara anche a non chiudere. Gli obbligatori collegamenti finali sono un monito: se c'è la passione, non si finisce mai di imparare.
Io scommetto che così Napoleone non se lo dimenticano. Voi?