Il libro si può ordinare in una libreria Feltrinelli o sul sito www.lafeltrinelli.it/



lunedì 28 febbraio 2011

NATIVI DIGITALI e lo spazio

Inutile raccontarsela. Quando anche tutti gli insegnanti lo scopriranno sarà un mondo bellissimo (quello digitale interattivo etc etc)... Per esempio due classi di una scuola media di Cuneo, guidate dalla loro insegnante Lucia Vivalda, hanno scritto una mail ad un astronauta che sta girando nella sua navicella spaziale intorno alla Terra a 28.000 kilometri all'ora. E il signor Paolo Nespoli gli ha risposto con una videomail (http://www.wired.it/) in cui racconta che fa il giro della terra in un'ora e mezza e vede 16 albe e 16 tramonti al giorno. Spiega che l'assenza di gravità è una sensazione stranissima, non esiste più il peso, non c'è bisogno di zavorra, basta alzare le gambe e si vola, vuoi spostare un armadio con apparecchiature elettroniche di 400 chili? Lo spingi senza sforzo. E la cosa meravigliosa è che mentre lo dice... si vede quello che fa, come si muove nello spazio senza gravità, come fa a sedersi senza svolazzare, come fa a sedersi a testa in giù!!! Il signor astronauta conclude salutando i ragazzi e auspicando che uno di loro un giorno possa mandargli un video come questo da Marte. I libri sono i libri e si sa. Ma l'impatto emotivo di una lettera dallo spazio quanta energia creativa può liberare in questi ragazzini? Quanta voglia di essere loro i prossimi e di impegnarsi per diventarlo?
Navigate gente navigate. Come dice Buzz Lightyear, "verso l'infinito e oltre!".

venerdì 25 febbraio 2011

E' uscito il libro di Paolo Ferri su La scuola digitale

Io l'ho comprato e ve ne parlerò. Certo sarà un pochino più noioso del mio ;-)

(Sto aspettando anche l'ultimo di Marc Prensky...)

 

Indice


 IX Premessa

  1 1.   I nuovi ambienti digitali per l'apprendimento
  3 1.1. Caso
         Il Web 2.0 e i nuovi strumenti del comunicare
 10 1.2. Che cos'è la nuova rivoluzione digitale:
         la società della conoscenza e della formazione
 14 1.3. La società informazionale e il capitalismo culturale
 18 1.4. La rivoluzione crossmediale e la formazione
 19 1.5. Da Gutenberg al digitale:
         la formazione oltre il libro e oltre l'aula
 25 1.6. Quale nuova alfabetizzazione per l'ambiente digitale
         esteso della formazione?

 31 2.   Reinventare la scuola per i digital native.
         Il megacambiamento tecnologico
 32 2.1. Caso
         Da Wikipedia a Wikiversity: come la tecnologia cambia
         gli strumenti e il modo della formazione
 41 2.2. I "new millennium learner": come studiarli
 57 2.3. Gutenberg native e digital native
 60 2.4. La differenza nelle modalità di rappresentare,
         conoscere e apprendere il mondo
 73 Appendice

 77 3.   Lo spazio fisico dell'apprendimento:
         come la tecnologia può trasformare
         gli spazi della scuola
 78 3.1. Caso
         Snæfellsnes Comprehensive Upper Secondary School:
         nuovi spazi per una nuova scuola
 87 3.2. La leva tecnologica come strumento per abbattere i muri
 96 3.3. Abbattere i muri: le trasformazioni degli spazi
         cognitivi architettonici e fisici della scuola

112 4.   Cambiare le politiche scolastiche e la formazione
         degli insegnanti
113 4.1. Caso
         Il consorzio IUL per la formazione in servizio
         degli insegnanti
119 4.2. La multimedialità nella scuola italiana:
         genesi, storia e sviluppo di un'incomprensione

PS: quello che veniva dalla mia stessa città ci ha messo 10 giorni. Il libro americano...3!

sabato 12 febbraio 2011

Michelle Obama vieta Facebook alle figlie


Cara Michelle,
permettimi. Con tutta la stima e il rispetto che nutro per te, non sono d’accordo. Passi per Sasha che ha nove anni ma Malia ne ha quasi tredici: è una “signorina”. Alla sua età i suoi amici sono “tutti” su Facebook. Almeno qui in Italia, che pure di banda larga ne abbiamo pochina ma di telefonini almeno un paio a testa, i preadolescenti amano Internet più della tv e con i loro cellulari sempre più smart possono navigare a spese del wifi casalingo in qualsiasi orario, persino durante le abluzioni serali. Fermarli è impossibile. Educarli forse ancora si.
Capisco che una pagina facebook a nome Obama avrebbe tante di quelle richieste di amicizia che non resterebbe tempo a tua figlia per imparare a memoria le capitali dell’Idaho e del Wyoming però i trucchetti per rimanere in rete solo con i propri amici sono alla portata anche di Sasha, visto che è già in grado di chiedere in mandarino al Presidente cinese Hu Jintao di passarle la bottiglia dell’acqua. Anzi se non ti conoscessimo potremmo persino avere il dubbio che preferiresti che lei parlasse di massimi sistemi con potenti vari piuttosto che de Il Mondo di Patty con Mary Ann.
Non è vero che facebook fa male anzi fa proprio bene. Non c’è niente di virtuale per i nostri figli nel continuare in chat la lite avuta a scuola, nel postare link per sparlare dei professori, nel mandarsi video contro Justin Bieber, nell’esprimere le proprie emozioni di gioia o sconforto, nel cambiare il proprio stato da “single” a “impegnato”. Mi stupisco, oggi si parla di social tv, di social bank, di social art, social shopping, social games e tu vorresti che tu figlia fosse fuori dal giro dei suoi compagni di classe o di danza classica? Che non possa avere anche lei, tutelata da un certo anonimato certo, la possibilità di dire quanto sia noioso andare alle cene importanti dove non puoi alzarti da tavola, o prendere in giro daddy? E se qualcuno dovesse scoprire chi è questo padre, pazienza. Barack, tra una crisi egiziana e un accordo indio-pakistano, se ne farà una ragione. Questa è la vita normale. I ragazzi ormai non ce la fanno vivere disconnessi, senza rete, hanno bisogno di interagire, di avere riscontri, di condividere ogni emozione e passione. Sei tu quella che “non ha bisogno” di Facebook, presa da mille impegni internazionali. Malia ha altro da fare, deve crescere e per costruire il proprio sé ha bisogno anche del suo io collettivo e digitale. E a proposito, gentile Michelle, dove glielo compri un telefonino triband che però non abbia l’applicazione per Facebook, in un negozio di modernariato?
L’off limits non regge. I muri sono caduti e allora più che proibire, tanto vale educare ad un uso consapevole, etico e responsabile del mezzo. Questa si che è una bella battaglia. Nicolas Negroponte, magari lo conosci pure, il cofondatore del Media Lab del Mit di Boston, disse una volta: "I believe that learning comes from passion, not discipline”. Ed io sono sicura che vivendo nei social network si possa anche imparare non solo a relazionarsi con il prossimo ma anche a condividere i propri interessi con le persone non a noi più prossime ma più affini. E magari potrebbe anche diventare l’amica del cuore del figlio di Aisha Gheddafi…

martedì 8 febbraio 2011

Mamme 2.0 alla Social Media Week



Basta casetta del Mulino Bianco, famiglie sorridenti sedute senza fretta intorno al tavolo della colazione (a proposito, ma a che ora si devono alzare per stare tutti così tranquilli?). Le donne si sono stufate di quest'immagine sterotipata.
Anche di questo si è parlato nell'incontro Antropologia dei Social Media: un’analisi sulle mamme 2.0 in Italia, organizzato nell'ambito dell’evento Social Media Week a Roma,  in un appartamento in pieno centro, senza wifi ma con il soffitto affrescato che era una bellezza. Le mamme vanno di fretta, non hanno tempo da perdere, non si fidano più della suocera e appena possono cercare di sedare le loro ansie o condividere le loro gioie con altre madri sul web. Altro che casetta nella prateria, semmai allattamento al seno, emorroidi e mariti disattenti. E' il risultato della ricerca del  Centro Studi Etnografia digitale che in collaborazione con Viral beat  ha realizzato un’ indagine antropologica in ambiente social media sulle mamme di oggi.  Nell’arco di un mese e mezzo, dal primo maggio  al 22 giugno 2010, sono state analizzate 2.489 conversazioni avvenute principalmente (per l' 86,9 %) sui forum ma anche su blog e social network in cui si parlava  di  paracapezzoli in caucciù, di cosa mettere in valigia per il parto in ospedale,  ma anche (immagino) di quali prodotti consumare e quali evitare. I siti più monitorati sono stati Forum al femminile, le answers di Yahoo, gravidanzaonline, mammole e pianeta mamma. Il risultato è scontato, almeno per noi che ci siamo dentro. Le mamme sono esigenti, attentissime ai prodotti che usano per i loro bambini e si confrontano in continuazione per avere un feedback. Però adesso lo   hanno capito anche le aziende e sono disposte a spendere bei soldi per sentire "cosa ci diciamo" quando siamo tra di noi. Non ci inseguono più insomma. Vogliono "conoscerci". Ma, soprattutto,  aggiunge Adam Arvidsson, docente di Sociologia della Globalizzazione e dei Nuovi Media all’Università di Milano, “il valore di un brand non è più creato in fabbrica ma coinvolge una comunità di persone che fa brand community. Adesso le aziende si sono rese conto che non si può solo prendere dalla passione degli utenti senza dare niente in cambio altrimenti si rischia di perderli. Bisogna gestire questa risorsa in maniera più lungimirante”.  
In altre parole, oltre a conoscerci, vogliono la nostra collaborazione per portare avanti il loro marchio. E ci sta, se se lo meritano e se ci premiano. Certo ormai quei fantastici art director milanesi vestiti Dolce e Gabbana che usano una parola inglese ogni tre dovranno collaborare con internauti veri, che vanno in giro a scoprire, sondare, chiedere ma dal di dentro,  costruendosi  degli "Avatar" come ha detto in conferenza Flavia, autrice del bel blog http://www.veremamme.it/ (titolo ironico, dice, le vere mamme non esistono, siamo tutte vere!). Anzi le blogger dovrebbero essere più considerate, aggiunge Chiara di machedavvero.it in questo processo, visto che sono produttrici di contenuti culturali condivisi. E infatti nell'evento di blogger ce ne erano diverse, forse più dei giornalisti. E questa la dice lunga... Sono intervenuta anche io prosaicamente per dire che passata l’ansia dei primi sei mesi in cui si valutano i pro e i contro di qualsiasi marca di pannolino, dopo mi sarebbe piaciuto riuscire a comprarli risparmiando più possibile, magari con l’e.commerce, anche 200 pannolini per volta, perchè no? Ci ha risposto prima Arvidsson e poi Alex Giordano, strategic planning director del Ninja LAB. Il mercato –hanno detto- sta cambiando. Ci sono portali dove puoi trovare i prodotti più convenienti e ti mandano gli sms (PS: quali sono e chi li paga gli sms?). Ci sono processi di autoorganizzazione dei consumi (vero, ho diverse amiche che lo fanno ma non online). E poi gli smartphone, come l'Iphone 4. Ci sarà un' applicazione in grado di riconoscere attraverso un codice il prodotto e di dare tutte le informazioni relative, sia merceologiche che di sostenibilità ambientale e di reputazione on line. Quindi se scriverò "mamme, la Pampers è buona quanto gli Huggies ma costa molto di più (dico per dire!) e assorbe anche un pò meno" a Milano influenzerò la mamma di Catanzaro. Che magari prima si sarà pure beata alla vista della pubblicità di un angioletto con i boccoli che cammina per casa vestito solo del suo bel pannoletto, sorridente e asciutto, ma dopo un click l'avrà altrettanto rapidamente rimossa. E tutti quei soldi allo story boarder, al produttore esecutivo, al direttore di produzione, al regista, agli operatori, al fonico, al montatore, al grafico, all'esperto di musiche, al runner, all'attrice, al pargolo, alla Rete per la messa in onda, eccetera eccetera...

giovedì 3 febbraio 2011

SOCIAL MEDIA WEEK dal 7 all'11 febbraio a Roma

Assolutamente da non perdere: la settimana dei social media a Roma. tantissimi appuntamenti sulla tv social, su you tube, sui nuovi sistemi di comunicazione, su tutto quello che di cui parliamo in questo blog!
Il link vi porta all'agenda degli appuntamenti del sito ufficiale.


http://socialmediaweek.org/rome/agenda-completa/

martedì 1 febbraio 2011

NATIVI DIGITALI contro l'elite del brand?

Posted by Dawn Osakue on July 26, 2010 at 11:29 AM

Eighteen to 24-year-olds want news fast, do not necessarily trust brands or corporations and view life as a game, according to BVA, a research institute in France, which carried out a 3-month study of 'Digital Natives', the young peoplewhose lives are shaped by video games, computers, mobile phones and virtual systems.

Anticipated to comprise over 30% of the population in the next five years, this group "reinvents time and space." Compulsive multitasking, and digital hyperactivity (to fill in any voids) are two special characteristics.  Very relevant to the commercial world is the fact that pleasure no longer lies in consumption but in purchase: the thought of finding the best deal.
The Digital Native is "defiant" against authority, and for this reason rejects brands. As for news, she believes that "all information is available, any question can be answered." The only issue at stake is how fast this information can be gathered. However, convenience is not the only reason social networks are popular news sources; the idea of consensus is such a big credibility-boost in their view that consensus has become more relevant than the brand.

In the words of Frédéric Filloux in Monday Note, "Truth - at least perceived truth - seems to emerge from an implicit group vote, in total disregard for actual facts. If the group believes it, chances are it is "true". When something flares up, if it turns out to be a groundless rumor, it's fine since it won't last." He gives an example of such a group-driven resource as wikipedia.

What with all the multitasking and ensuing reduced concentration, need for fast information, distrust of the world at large (including traditional news sources), addiction to digital technology and an inherent respect of competence and professionalism, the digital native has one preference when choosing media items: "the most practical and most illustrated both in substance and in form."

Filloux further advises: "The fastest is the best... Quick TV newscasts, free commuter newspapers, bursts of news bulletins on the radio are more than enough. The group will do the rest: it will organize the importance, the hierarchy of news elements, it will set the news cycle's pace"

Apart from such practicability, another way the media can get the attention of this age-group is by opening up to the tides of consensus. However, it must not be forgotten that the digital natives are just a cross-section of the consumer base, and care must be taken to achieve a balance. Filloux sees a split developing in news consumers: "The Digital Natives will be happy with superficial, quickly digestible streams of information. On the other hand, in-depth, balanced information will be the perquisite of a shrinking elite, sensitive to the notion of a trusted brand and ready to pay for it." Although his assessment of the younger generation's attitude to news may well be a little harsh, this difference in consumption habits is something that news organisations should all be aware of.