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sabato 12 febbraio 2011

Michelle Obama vieta Facebook alle figlie


Cara Michelle,
permettimi. Con tutta la stima e il rispetto che nutro per te, non sono d’accordo. Passi per Sasha che ha nove anni ma Malia ne ha quasi tredici: è una “signorina”. Alla sua età i suoi amici sono “tutti” su Facebook. Almeno qui in Italia, che pure di banda larga ne abbiamo pochina ma di telefonini almeno un paio a testa, i preadolescenti amano Internet più della tv e con i loro cellulari sempre più smart possono navigare a spese del wifi casalingo in qualsiasi orario, persino durante le abluzioni serali. Fermarli è impossibile. Educarli forse ancora si.
Capisco che una pagina facebook a nome Obama avrebbe tante di quelle richieste di amicizia che non resterebbe tempo a tua figlia per imparare a memoria le capitali dell’Idaho e del Wyoming però i trucchetti per rimanere in rete solo con i propri amici sono alla portata anche di Sasha, visto che è già in grado di chiedere in mandarino al Presidente cinese Hu Jintao di passarle la bottiglia dell’acqua. Anzi se non ti conoscessimo potremmo persino avere il dubbio che preferiresti che lei parlasse di massimi sistemi con potenti vari piuttosto che de Il Mondo di Patty con Mary Ann.
Non è vero che facebook fa male anzi fa proprio bene. Non c’è niente di virtuale per i nostri figli nel continuare in chat la lite avuta a scuola, nel postare link per sparlare dei professori, nel mandarsi video contro Justin Bieber, nell’esprimere le proprie emozioni di gioia o sconforto, nel cambiare il proprio stato da “single” a “impegnato”. Mi stupisco, oggi si parla di social tv, di social bank, di social art, social shopping, social games e tu vorresti che tu figlia fosse fuori dal giro dei suoi compagni di classe o di danza classica? Che non possa avere anche lei, tutelata da un certo anonimato certo, la possibilità di dire quanto sia noioso andare alle cene importanti dove non puoi alzarti da tavola, o prendere in giro daddy? E se qualcuno dovesse scoprire chi è questo padre, pazienza. Barack, tra una crisi egiziana e un accordo indio-pakistano, se ne farà una ragione. Questa è la vita normale. I ragazzi ormai non ce la fanno vivere disconnessi, senza rete, hanno bisogno di interagire, di avere riscontri, di condividere ogni emozione e passione. Sei tu quella che “non ha bisogno” di Facebook, presa da mille impegni internazionali. Malia ha altro da fare, deve crescere e per costruire il proprio sé ha bisogno anche del suo io collettivo e digitale. E a proposito, gentile Michelle, dove glielo compri un telefonino triband che però non abbia l’applicazione per Facebook, in un negozio di modernariato?
L’off limits non regge. I muri sono caduti e allora più che proibire, tanto vale educare ad un uso consapevole, etico e responsabile del mezzo. Questa si che è una bella battaglia. Nicolas Negroponte, magari lo conosci pure, il cofondatore del Media Lab del Mit di Boston, disse una volta: "I believe that learning comes from passion, not discipline”. Ed io sono sicura che vivendo nei social network si possa anche imparare non solo a relazionarsi con il prossimo ma anche a condividere i propri interessi con le persone non a noi più prossime ma più affini. E magari potrebbe anche diventare l’amica del cuore del figlio di Aisha Gheddafi…

4 commenti:

  1. E' proprio vero che tutti possono scrivere dei libri.
    Magari la Michelle è giustamente preoccupata da quello che vede su FB. Ti invito a farti un giro sui profili di certi adolescenti.
    Io sono più che d'accordo con lei.
    (p.s. impara a usare il "justified" che il testo sta meglio)

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  2. Ah, sorry! Aggiungo anche che forse a voi mamme italiane non pare possibile, ma in the USA esiste anche la possibilità di NON comprare ai propri figli il cellulare, di NON usarlo a scuola e di dire ai figli "You're grounded".

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  3. Cara Stefi, credo che insegnare ai propri figli un uso responsabile, etico ed intelligente dei new media sia meglio che vietarglieli. La competenza digitale loro ce l'hanno già e, se vogliono, vanno dove gli pare via web. Quello che a volte manca loro è un'educazione alla cittadinanza digitale, al rispetto del prossimo e della propria privacy. Ho scritto il libro con due bambini di 10 anni e una di 12 (si, proprio tutti possono scrivere un libro, è vero!) e quello che ho capito parlando con loro e i loro amici è che non si fermano i treni in corsa. Si possono solo gestire i binari.

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  4. Per quanto riguarda i bambini americani ho trovato queste statistiche molto recenti e interessanti.

    Teens and Cell Phones (Pew Study, April 2010)
    * The typical American teen sends and receives 50 or more messages per day, or 1,500 per month.
    And there are a sizeable number who do much more than that: 31% of teens send and receive more than 1
    00 messages per day or more than 3,000 messages a month; 15% of teens who are texters send more
    than 200 texts a day, or more than 6,000 texts a month.

    · The report runs down a lot of details about the things that teens do with their phones besides texting and talking.
    For example: 83% use their phones to take pictures; 60% play music on their phones; 46% play games on their phones;
    32% exchange videos on their phones; 27% go online for general purposes on their phones; 23% access social networking
    sites on their phones.

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