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domenica 24 ottobre 2010

FANTASIA. Per vincere le olimpiadi di matematica ci vuole fantasia

Da il corriere.it di ...6 anni fa! 
Il ministro: «Meno compiti a casa»
«I ragazzi devono avere più tempo libero». Impegnati per 10 ore e mezzo la settimana


Il ministro: «Meno compiti a casa»
ROMA — L’idea gli è venuta pochi giorni fa, quando ha ricevuto gli studenti italiani che hanno vinto le olimpiadi di matematica: «Nessuno di loro— racconta il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni — è Archimede Pitagorico. Sono ragazzi normali, hanno la fidanzata, giocano a pallone. Mi hanno spiegato che di mattina a scuola imparavano le teorie e il pomeriggio a casa si divertivano ad applicarle a giochi, rebus, invenzioni ».
Giochi, invenzioni, pallone, fidanzate: altro che quelle valanghe di esercizi e regolette da mandare a memoria che allietano le giornate dei nostri ragazzi (e spesso anche dei loro genitori). L’idea, quindi: «Credo che i compiti—spiega il ministro al programma de La7 In Breve — dovrebbero essere svolti prevalentemente in classe in modo che a casa i ragazzi, il pomeriggio, possano interessarsi agli elementi che inducono loro curiosità».
Per questo Fioroni annuncia la creazione in tempi stretti di un «gruppo di lavoro». Un comitato di esperti che studi la questione e «rifletta attentamente sull’ipotesi di dare indicazioni e possibilmente anche risorse per favorire tempo pieno e prolungato». Magari più tempo a scuola, insomma, ma una volta suonata la campanella libri e quaderni chiusi. Il ministero non potrà «ordinare» di ridurre il carico di lavoro: il principio dell’autonomia scolastica fa sì che ogni istituto possa decidere come regolarsi. Ma la questione, adesso, è sul tappeto.
Del resto il confronto con gli altri Paesi fa riflettere: in Italia si studia a casa dieci ore e mezza la settimana, quasi il doppio della media Ocse. Perché? Il pedagogista Franco Frabboni — preside della facoltà di Scienza della formazione dell’Università di Bologna — chiama in causa i programmi: «Da noi gli insegnanti pensano solo ad arrivare alla fine del libro di testo. Si trasformano in sacerdoti che devono assicurare il culto del programma.
E allora pur di arrivare all’ultima pagina appioppano masse insostenibili di lavori a casa». Quello della lunghezza dei programmi è un altro record italiano. Più di una volta il professor Frabboni ha fatto parte delle commissioni chiamate a rivederli. «Si comincia sempre con l’intenzione di sfoltirli — racconta — ma poi per ogni materia entrano in gioco le lobby. Avere un programma più snello significa avere meno prestigio, meno ore di insegnamento e quindi meno cattedre, meno di posti di lavoro. E alla fine nessuno sposta una virgola».

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